Mia Canestrini foto di Francesca Todde
Foto di Francesca Todde

Mia Canestrini

ZOOLOGA / DIVULGATRICE / SCRITTRICE

Sono nata a Bologna, a due passi da Piazza Maggiore, ma è stato il tempo di un miraggio in una notte in cui nevicava fortissimo. Mia madre studiava pedagogia all’Università e aveva 27 anni, mio padre 26 e aveva appena iniziato a vendere qualche tartufo nelle trattorie del centro. Stavano insieme da quasi 10 anni e la vita non era stata generosissima con loro. Posso dire con assoluta certezza che quel che hanno avuto fino a qui e quel che hanno costruito è nato dalle loro teste, dalla loro fatica e dal loro desiderio di farmi venire al mondo e vivere.

Sono uno di quei figli che è nato per incidente, concepita in un giorno di primavera vicino al mar Baltico. E che quell’incidente sia benedetto: non posso definirmi un cuor contento, ma non esiste giorno che mi colga impreparata di fronte alla bellezza della vita. Nei test sulla personalità sono il tipo a cui manca qualcosa da quando è nato. Un filo di tristezza costante aleggia come un filo di fumo a mezz’aria dentro la mia anima. Non saprò mai perché, ma guardo il mondo attraverso una lente malinconica e tutto mi commuove.

Cresciuta nella periferia popolare di una città molto aperta da una coppia sempre pronta ad aiutare il prossimo, ho imparato da subito i valori della condivisione, del rispetto, della tolleranza e a non aver paura del diverso. Ma le persone in realtà non mi interessavano molto. Tutta la mia empatia è stata travolta all’istante dagli animali non appena ho iniziato a camminare. Un avvicinamento istintivo, sostenuto attivamente da tutta la mia famiglia con l’arrivo di cani, cavalli, gatti e una moltitudine di selvatici raccolti per strada. In età scolastica la mia camera era già piena di libri e enciclopedie sulla natura e a 16 anni sapevo con certezza che avrei voluto studiare zoologia all’Università. Forse gli animali sono stati la mia risposta a ciò che un qualche filosofo chiamerebbe mal di vivere.

Non ho mai fatto uso di droghe né alcool per sopportare il peso delle domande alle quali non troverò mai una risposta, ma tutte le mie avventure zoologiche, teoriche e pratiche, mi hanno tenuta lontano da un disagio famigliare, di quartiere e esistenziale che poteva tranquillamente sfociare in altre avventure. Trovo gli animali la massima espressione della vita e la vita la risposta al vuoto di senso che l’astrofisica con fatica cerca di colmare da millenni. All’età di 8 anni i miei miti erano Konrad Lorenz, Gerald Durrell e Margherita Hack. Le stelle e la storia del Big Bang mi affascinavano molto e forse le mie prime letture della Hack erano un inconsapevole tentativo di mettere ordine in un’ansia sottile legata al bisogno di sapere perché fossimo qui. Non potendo remare tanto a ritroso, la biologia ha almeno diradato le nebbie sul come e a quella mi sono aggrappata. Ho imparato a riconoscere nell’espressione della natura la massima espressione artistica e creativa.

 

La mia storia di zoologa è iniziata così. Il resto sono lauree, diplomi, esperienze di volontariato e lavoro, progetti e corsi, più qualche scorribanda nel mondo dei media. Trovi una descrizione molto esaustiva di tutto quel che ho fatto con gli animali e per gli animali nel curriculum vitae scaricabile in fondo alla pagina.

So già la tua domanda: sì ma perché i lupi?

Forse perché il lupo per le lingue indoeuropee è un essere di luce e io ho per la luce la stessa attrazione delle falene. Con la parola luce condivide la radice (leuk, lykios, lupus). I suoi occhi sono luminosi, il suo sguardo illumina la notte. Nella mitologia greca e latina i lupi sono attributi di Apollo (Lukios), dio del Sole e Artemide, dea della Luna, nati e sopravvissuti in Licia proprio grazie alla protezione dei lupi. Altre figure mitologiche avevano sembianze di lupo, come Leto, che proveniva dalle fredde contrade dei lupi, luoghi nei quali il sole era la luna. Gli stessi dei come Apollo, Artemide o Aplu, divinità anatolica, erano protettori o cacciatori dei lupi, degli animali selvatici, delle fiere e delle greggi. Ma ciò che da sempre mi affascina è la figura del lupo come tramite e portatore di una conoscenza che proviene dal mondo delle tenebre, dal regno delle ombre, simbolo dell’esperienza archetipica, fuori dal tempo. E’ metafora del buio che ingoia la coscienza, del viaggio iniziatico che l’uomo deve compiere per riportare la luce tra gli uomini, attraversando gli inferi. Gola di mostro che inghiotte il sole, il lupo è guardiano all’entrata del mondo dei defunti, con le fauci a simboleggiare l’antro di un mondo da cui non si fa ritorno.
Come la luce esce dall’ombra, il lupo esce dal bosco.

La ragazza dei lupi. La mia vita selvaggia tra i lupi italiani

Si è messa sulle tracce dei lupi da studentessa di Scienze Naturali, quando come tesi doveva cercare segni di presenza del lupo per studiarne la genetica. Non li ha più lasciati. Oggi Mia è una “lupologa”, ed è una delle più preparate. Tra le sue attività, è impegnata anche a insegnare alle persone a convivere con l’animale di cui gli uomini hanno una paura ancestrale e un’attrazione infinita.